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Cultura e Società

Accogliere perchè ce lo chiede il Signore

Paolo Emanuele · 9 anni fa

Accogliere perchè ce lo chiede il Signore

“Cosa vuole da noi il Signore che ci viene incontro nei fratelli ‘più piccoli’, poveri, malati, migranti o profughi? Riusciamo a vederlo nei volti smarriti di ragazzini e giovani, che hanno impressi nei loro occhi la via dolorosa della fuga nel deserto, il terrore della traversata del Mediterraneo, la solitudine profonda di povere vite, il bisogno inespresso di speranza?”. Cosa vuole il Signore da noi!? E la risposta è lì pronta: “A noi è richiesto di dare loro una mano, non una fredda accoglienza. In una Calabria, già piegata da mille problemi”. Noi, figli di una terra di migranti, non dobbiamo cadere in tentazioni razziste, siamo chiamati, invece, a “restare fermamente dalla parte di Gesù, che è sempre in attesa di essere riconosciuto nei migranti e nei rifugiati, nei profughi e negli esuli. Attraverso di loro il Signore ci chiama a condividere “i cinque pani e due pesci”, pronti anche a rinunciare a qualcosa del nostro acquisito benessere”. Siamo chiamati a mettere da parte ogni forma di paura e di pregiudizio, a rinforzarci nella certezza che “gli immigrati, per noi non sono un pericolo, ma figli dello stesso Padre”.

Saremo anche più poveri rispetto ad altre aree della ricca Europa, ma la storia ci insegna che chi è vissuto prima di noi ha fatto dell’accoglienza un vanto, uno stile di vita: non ha mai nascosto il pezzo di pane nella bisaccia, ma lo ha tagliato a fette porgendolo con quel dolce “Favorite” di bregantiniana memoria. In questa lettera, monsignor Oliva pone l’accento su un altro aspetto, quello di chi approfitta dell’emergenza immigrati: “Ripugna alla nostra sensibilità civile l’idea che dietro l’immigrazione si possano annidare interessi di gente di malaffare e senza scrupoli o forme diverse di speculazione”. Ecco allora che l’invito a tenere aperte all’accoglienza le nostre parrocchie è quanto mai appropriato, così come è davvero appropriata la sottolineatura che l’impegno di tutti gli operatori e volontari chiamati a questo delicato compito (tutti, non solo i credenti) sia sempre un esempio di generosità e gratuità, un esempio di “condivisione di vita”.

Suor Manuela Simoes