·

Il Vangelo della domenica

Riflessione sulla 5 Domenica di Quaresima

Paolo Emanuele · 10 anni fa

L’ultima domenica di Quaresima ci propone un brano tratto dal Vangelo secondo San Giovanni, in cui viene raccontato ciò che accadde quando Gesù si recò per l’ultima volta nella città santa, dove alcuni greci, saliti a Gerusalemme insieme alla folla dei giudei, convenuti per celebrare la Pasqua, rivolsero queste parole all’apostolo Filippo “Vogliamo vedere Gesù”. Essi sono curiosi di vederlo e saperne di più intorno alla sua persona e alle opere da Lui compiute, l’ultima delle quali – la risurrezione dell’amico Lazzaro – ha destato meraviglia e scalpore in tutti. In questa loro richiesta, essi, infatti, manifestano un’aspirazione e una domanda che percorrono i secoli e sgorgano più o meno esplicitamente dal cuore di molti uomini che hanno sentito parlare di Cristo, ma non lo hanno ancora incontrato. Gesù coglie questa istanza e offre una risposta che svela la sua identità messianica e indica la strada per entrare nell’esperienza del suo “mistero” di Redentore, che dona la vita a coloro che credono in Lui e si aprono alla sua Parola e alla sua azione salvifica. Gesù, nella sua risposta, fa riferimento al momento che si prepara a vivere e più precisamente all’ora che sta per scoccare e che rappresenta il punto d’arrivo della sua esistenza e di tutta la storia della salvezza. è l’ora della Croce. è l’ora del giudizio, della sconfitta di Satana, principe del male, e quindi del trionfo definitivo dell’amore infinito di Dio. Elevato da terra, Cristo, infatti, è sospeso sul patibolo della Croce e si offre volontariamente alla morte; ma è anche esaltato dal Padre, nella risurrezione, per attirare tutti a Sé e perciò riconciliare gli uomini con Dio e tra loro. è l’ora del suo sacrificio pasquale, colto non solo come momento di sofferenza e di morte, ma soprattutto nella sua più profonda e interiore dimensione di dono e di offerta; come atto supremo di obbedienza e di glorificazione del Padre e come sorgente di redenzione per quanti crederanno in Lui. La passione, morte e risurrezione di Gesù, difatti, è mistero di uno scambio di gloria: confessando che il Padre suo è il Signore e donandogli la vita in obbedienza come testimonianza alla verità che Egli incarnava, Cristo Gesù Gli rende la gloria dovuta. Il Padre suo rende la gloria al Figlio con la risurrezione. Con ciò ci vien detto che la gloria del Padre si riversa anche su di noi, se noi riverseremo su di Lui tutta la Sua gloria. è questa la vera ed autentica gloria che fa gioire ed esultare la creatura. Spesso purtroppo noi ci appropriamo della gloria del Signore e con essa ci rivestiamo, ma essa non si addice a noi, non è nostra e quindi diviene solo atto di superbia, di usurpazione, di concupiscenza. è il grave pericolo del discepolo di Cristo e tutto potrebbe trasformarsi in una rapina della gloria dell'eterno Dio. Avrà la gloria del Padre chi si lascia trasformare dall'obbedienza e come il chicco di grano muore a se stesso e al suo egoismo, si consuma alla sua concupiscenza e fa di tutta la sua vita un mezzo perché la gloria del Signore risplenda nel mondo e conquisti i cuori. Ogni gesto che glorifica il Signore si trasforma in gesto che rende gloria all'uomo. La gloria dell'uomo è dalla gloria di Dio. L'uomo deve tutto per la gloria di Dio: la vita e la morte, la gioia e il dolore, il presente ed il futuro, la solitudine e la comunione, cuore, mente, anima, spirito. Alla scuola di Gesù, pertanto, dobbiamo imparare come amare, come glorificare il Padre, come servire ogni uomo; e tuttavia si può amare l'uomo se si glorifica il Signore, come Cristo che offrì la sua vita per noi, perché l'aveva tutta offerta per la gloria del Padre suo che è nei cieli. è Lui il chicco di grano che cade in terra, muore e produce molto frutto. Il molto frutto è solo nella glorificazione totale del Padre e la gloria di Dio si riversa poi sul mondo intero, ricolmandolo della grazia che redime e salva. è questa l’ora che, finalmente, realizzerà la nuova ed eterna alleanza, annunciata dai profeti ed in particolare da Geremia, di cui si parla nella prima lettura. Un’alleanza non più scritta su tavole di pietra, come l’antica, ma sancita dal sangue di Cristo e suggellata dal dono dello Spirito, che Egli effonderà dal costato squarciato nel cuore dei credenti, affinché siano in Lui una cosa sola e diventino annunciatori e testimoni del suo amore. La morte di Cristo, vista come il grano marcito da cui scaturisce la vita, diventa altresì paradigma per l’esistenza del discepolo, chiamato a seguirlo sulla stessa strada, a fare come ha fatto Lui, per diventare così collaboratore e servo del progetto divino della salvezza universale. La salvezza del mondo è nel sacrificio che il cristiano compie in Cristo; in Lui, ognuno deve divenire chicco di grano che cade in terra e muore per produrre quel frutto che sfamerà il mondo di grazia e di verità e lo ricondurrà al suo Signore e Dio, al Padre della gloria. è quanto ci ha ricordato il Vangelo di questa domenica: “Chi ama la sua vita la perde e chi odia la sua vita in questo mondo la conserverà per la vita eterna. Se uno mi vuol servire mi segua e dove sono io là sarà anche il mio servo”.