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Il Vangelo della domenica

Riflessione sul Vangelo della IV Domenica di Quaresima

Paolo Emanuele · 10 anni fa

Il periodo di Quaresima richiede che noi meditiamo il mistero della grazia divina. In particolare, proprio la liturgia della quarta domenica di Quaresima ci offre questa opportunità. Le parole: “Per grazia... siete stati salvati” (Ef 2,5), che troviamo nella Lettera agli Efesini si trovano quasi al centro delle letture e delle meditazioni della Chiesa in questa domenica. Dio infatti è amore, e da quell’amore prende il suo inizio ciò che l’apostolo Paolo chiama “grazia”. La grazia è quel dono indicibile, per mezzo del quale Dio vuole salvare l’uomo concedendogli di partecipare alla sua divinità: alla sua natura divina, nell’inscrutabile vita del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo. Ma la “grazia”, in quanto dono di Dio, si riceve mediante la fede. Ancora San Paolo nella sua Lettera agli Efesini così insegna: “siete salvi mediante la fede” (Ef 2,4-10). Siamo, cioè, giustificati per fede, se restiamo nella Parola, se viviamo in essa, compiendola interamente, fin nelle sue più piccole parti; uscendo da essa, cadiamo anche dalla fede, ritorniamo nel nostro antico stato di peccato. Essere salvi mediante la fede significa allora accogliere la verità e la grazia di Cristo; se i due poli si scindono, Cristo viene diviso e non c'è più né fede e né grazia che redime. Il salvato infatti esce dalla vuota esistenza di peccato, abbraccia la pienezza della verità e in essa opera ogni frutto di bene e di misericordia; si riveste di totale novità nei pensieri, nel cuore, nei sentimenti, nello spirito, nell'anima e nel corpo. Ma la novità non può essere solo di un attimo; essa deve condurre l'uomo fino al regno dei cieli. Oggi purtroppo c'è un concetto di salvezza che lascia l'uomo nel suo vecchiume e nella sua morte spirituale. è questa la vera crisi della fede cristiana ed essa regna al suo interno; vi si può uscire solo ritornando all'unità inscindibile che c'è in Cristo e nel suo dono di grazia e di verità. In tal senso, si comprende che la fede non è astrazione, ma concretezza, realtà; essa è culto, adorazione, prostrazione, profondissima umiltà; non è obbedienza a se stessi, ma a Dio. E ancora, la fede è purissima trascendenza; si abbandona la sfera dell'umanità, si entra nella dimensione dell'Eterno, dell'Altro; si accoglie la divina volontà, la si compie sempre. è nella trascendenza che oggi bisogna condurre il cristiano, il quale fa tante cose, ma decise da lui, da lui volute. Non è l'opera che fa la fede, è la fede che fa l'opera, poiché solo la fede separa trascendenza ed immanenza, volontà di Dio e volontà dell'uomo, gusto dell'uomo e desiderio di Dio. Infatti, nel Vangelo, con Nicodemo Cristo Gesù traccia la via della fede per il mondo intero: bisogna lasciare la vecchia umanità e guardare a Colui che è stato innalzato da terra, poiché solo in Lui e nella sua Parola è possibile essere salvati. Guardare a Lui significa ascolto fedelissimo della sua rivelazione, nella volontà di operare quella verità che Egli è venuto a portare sulla terra. Egli è l'unico disceso dal cielo, perché l'unico che nel cielo ha la sua dimora e la sua casa. Egli, Figlio di Dio, venendo nel mondo, ha preso anche su di sé l’eredità del peccato. è venuto “perché il mondo si salvi per mezzo di Lui”. Per questo è stato elevato sul legno della croce. Il Vangelo paragona questa elevazione di Cristo al gesto compiuto da Mosè nel deserto, quando gli israeliti morivano per il morso dei serpenti velenosi: egli innalzò sul legno “un serpente di rame” (Nm 21,9) e chiunque lo guardava dopo essere stato morso, era salvato dalla morte. Così dunque la liturgia di Quaresima ci invita e ci richiama ad approfondire questo mirabile mistero dell’amore misericordioso. In esso si racchiude la fonte della vita! Dio infatti, ricco di misericordia, insieme con Cristo – e proprio con Cristo crocifisso! – “ci ha fatti rivivere”. E per di più noi: “da morti che eravamo per i peccati” (cf. Ef 2,5). E insieme con Cristo risorto, “ci ha anche risuscitati” (Ef 2,6). A quale vita? A quella stessa di Cristo! Alla vita di Dio nell’uomo. La vita divina, cioè soprannaturale: sopra le esigenze e le leggi della stessa natura umana. La vita divina, cioè eterna. Qui in terra sperimentiamo il suo inizio nelle nostre anime, mentre il compimento appartiene all’eternità: “per mostrare nei secoli futuri la straordinaria ricchezza della sua grazia mediante la sua bontà verso di noi in Gesù Cristo” (Ef 2,7). La grazia – mirabile dono di Dio – fa sì che siamo in un certo senso creati di nuovo: “creati in Cristo Gesù per le opere buone, che Dio ha predisposto perché noi le praticassimo” (Ef 2,10). Il periodo di Quaresima ci deve introdurre in questa “nuova creatura” in Gesù Cristo. Questo è il periodo in cui dobbiamo allontanare da noi il peccato, e ricevere il dono di Dio! La liturgia ci ricorda il meraviglioso salmo 136: il canto che intonano i figli di Israele deportati dalla loro patria nella schiavitù di Babilonia: “Come cantare i canti del Signore in terra straniera? Se ti dimentico, Gerusalemme, si paralizzi la mia destra” (Sal 137,4-5). La grazia innestata nelle nostre anime mediante Gesù Cristo, orienta tutta la nostra esistenza verso la “Gerusalemme eterna”, verso di essa apre i nostri cuori, così come i cuori dei figli di Israele verso i fiumi di Babilonia.