La Messa e l’adulterio
Da quando Benigni, ne ha parlato in televisione, sembrerebbe che i dieci comandamenti riscuotano un maggiore interesse presso i credenti. Almeno, se ne può parlare, senza essere tacciati di giudaismo o rigorismo. Certo, il commento a “Non commettere adulterio” per cui ci sarebbe “Roba da fare causa alla Chiesa” - a detta di Benigni - rea di averlo trasformato in “Non commettere atti impuri”, lascia un po’perplessi. Ma, se il comico ci avesse ricordato che in ebraico il sesto comandamento suona: “Non adulterare”, in quanto, come lo stesso Benigni ha detto, “Dio ha inteso difendere l’amore”, avrebbe trovato plausi non solo più numerosi, ma soprattutto logici. Infatti “non adulterare” ha un senso molto profondo. Adulterare significa falsificare, alterare, guastare, corrompere una realtà attraverso degli atti. Io adultero il mio corpo e quello degli altri, con degli atti. Ma, posso adulterare l’ambiente, gli alimenti, la realtà, la verità, i pensieri, i sentimenti. Posso adulterare anche Dio. Posso adulterare anche il culto. Il 7 marzo 1965, prima domenica di Quaresima, per la prima volta in tutte le chiese del mondo veniva celebrata la Messa con il nuovo rito, dando vita così al primo frutto del Vaticano II. Lo stesso Beato Paolo VI celebrò la Messa quel giorno nella parrocchia romana di Ognissanti, in occasione del 25° anniversario della morte di don Luigi Orione. Anche oggi papa Francesco si recherà nella stessa parrocchia per presiedere l’Eucaristia alle 18 e fare memoria di quell’evento. Il Papa, a dire il vero, usava il Messale del 1965, molto fedele nella struttura del rito a quello precedente, a differenza di quello promulgato nel 1969 ed entrato in uso nel 1970 come forma ordinaria del Rito Romano e che può essere considerato il frutto compiuto del cammino di rinnovamento liturgico avviato dal Concilio Vaticano II. Nell’omelia il Beato Paolo VI così si esprimeva: «Straordinaria è l’odierna nuova maniera di pregare, di celebrare la Santa Messa. Si inaugura, oggi, la nuova forma della Liturgia in tutte le parrocchie e chiese del mondo, per tutte le Messe seguite dal popolo. è un grande avvenimento, che si dovrà ricordare come principio di rigogliosa vita spirituale, come un impegno nuovo nel corrispondere al grande dialogo tra Dio e l’uomo. «IL SIGNORE SIA CON VOI!» [...] E dapprima: che cosa è il Rito che stiamo celebrando? è un incontro di chi offre il Divin Sacrificio con il popolo che vi assiste. Tale incontro deve essere, perciò, pieno e cordiale. Non è pertanto fuori luogo che il celebrante - in questo caso il Papa - rivolga .molte volte agli astanti il saluto caratteristico: Il Signore sia con voi! Ecco: il Papa ripete il grande augurio non solo rivolgendosi con affettuoso gesto ai presenti, ma esprimendo il proposito di raggiungere l’intera popolazione cristiana di questa Città, della santa Diocesi di Pietro e Paolo, la Diocesi di Roma. Perciò, con tutto il cuore, con tutta la forza che Iddio pone nella sua voce, nel suo ministero, il Santo Padre esclama verso il popolo romano: Che Dio sia con te! Nel contempo Egli spera che ognuno risponda di buon grado: E con lo spirito tuo! In tal modo si inizia questo stupendo e fervido dialogo tra chi ha responsabilità di ufficio quale Ministro di Dio e il popolo cristiano; tra il Sacerdote e il singolo fedele, che riceve queste grazie; le commenta, se ne arricchisce e le porge, a sua volta, a tutta la comunità». (Paolo VI, Omelia del 7 marzo 1965). In questo dialogo tra celebrante e popolo che introduce le quattro sezioni della Messa, si riassume l’anima del vero culto: la presenza di Dio in mezzo al suo popolo. Dopo cinquant’anni dalla prima volta della “Messa in italiano”, che cosa si può dire? Per ritornare al tema dell’adulterio, in questi cinquant’anni si è continuato a sperimentare che anche il culto può essere adulterato cioè falsificato, alterato, guastato e corrotto. La storia di Israele nel deserto, che si fabbrica non un idolo, ma tutto un culto e una festa attorno questo idolo è un esempio.
Hanno cantato, hanno ballato e gioito, hanno bevuto e goduto, ma Dio non era in mezzo al suo popolo. Il culto adulterato ha diverse forme ed espressioni, troppo lunghe per essere elencate. Eppure esse si danno tutte appuntamento in quella discrasia tra vita e liturgia, il divorzio consumato di un credente. Dopo cinquant’anni restano attuali le parole del Cardinale Lercaro: «La messa è una realtà vasta, è un oceano, è un sole. Perciò non si stancava di raccomandarne ai preti l'assidua contemplazione: Meditate questo mistero, meditatelo nelle sue parti, meditatelo nei suoi riti, meditatelo come assemblea della famiglia di Dio, meditatelo come memoria reale di Cristo e del suo mistero di redenzione, di passione beata, di morte, di resurrezione, di ascensione. Meditatelo come acme della vita del mondo che raggiunge la sua finalità in questa offerta degna di Dio» (Omelia del 25 luglio 1963).
Don Roberto Tomaino
Chiesa
La Messa e l’adulterio
Paolo Emanuele · 10 anni fa