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Il Vangelo della domenica

Riflessione sul Vangelo della 29° Domenica del Tempo Ordinario

Paolo Emanuele · 10 anni fa

La lettura dell’Antico Testamento della liturgia di questa ventinovesima domenica del tempo ordinario, ci riporta davanti agli occhi quanto immeritata è la nostra elezione e quale radicalità essa richiede: “Io ti ho chiamato per nome, ti ho dato un titolo sebbene tu non mi conosca. Io sono il Signore e non c’è alcun altro; fuori di me non c’è altro Dio” (Is 45,4-5). Dio non è solo il Dio di Israele, Egli è il Dio e il Signore dell'universo, dell'uomo, del mondo intero, della storia, di quanto è sotto il cielo, ma anche sopra di esso, poiché non c'è altro Signore e non c'è altro Dio. Egli dirige gli eventi perché si attui il suo piano di salvezza per gli uomini di buona volontà. Egli suscita ed Egli chiama per nome, si serve degli uomini per realizzare il suo progetto di amore, anche se a volte gli uomini non lo sanno. è Lui, il Signore, che muove la storia e la dirige, perché la storia è nelle sue mani. è questa la fede dei figli di Abramo nel loro Dio. è questo l'annunzio del profeta Isaia al popolo di Israele. Il Signore, per attuare il suo piano di salvezza suscita un pagano che non conosce il Dio di Israele. Il Signore si serve di lui per sconfiggere e ridurre a nulla i nemici del suo popolo. Così ogni uomo è strumento nelle mani di Dio. L'uomo credente vive la storia, la medita e la custodisce nel suo cuore. Non sa il perché. Ma il perché lo sa Dio. Egli ha fede nel suo Signore. E tuttavia l'uomo è attore della storia. Attraverso lui si dovrà compiere la giustizia. Egli è responsabile della storia. Se egli non agirà con rettitudine, egli diviene colpevole dinanzi al suo Dio. Dovrà rendere conto. Isaia è profeta; sa leggere la storia che si compie sotto i suoi occhi e sa vedere l'azione di Dio dove apparentemente c'è solo opera dell'uomo. Ogni cristiano deve avere questa soprannaturale capacità, poiché Dio parla in modo diretto, ma anche in modo indiretto, attraverso la storia e gli avvenimenti che si susseguono. La storia della santità cammina per moto interiore, sovente essa è mossa da movimenti esterni, da cause fuori di noi. Saper leggere i segni dei tempi è capacità di penetrazione del disegno di Dio, della sua volontà che ci spinge verso un futuro tutto da costruire e da edificare nel nome del Signore. Paolo loda i Tessalonicesi, essi sono stati attori della storia. Il Vangelo per loro non è stato soltanto parola e lettera morta. Per loro la parola di salvezza è stata potenza di Spirito Santo e profonda convinzione. Essi si sono convertiti a Dio. La loro fede è ormai nota. Di questo Paolo ringrazia il Signore. La comunità che egli ha fondato con tanti sacrifici dà i suoi frutti di santità. Egli glorifica il Signore e lo Spirito Santo. Ma l'uomo non sempre cerca la via della giustizia e della santità. Egli interroga i profeti del Dio vivente per prenderli in fallo. Va da loro per ascoltare una parola che possa essere motivo di accusa. è quanto è accaduto a Gesù e di cui parla il Vangelo di questa domenica. Cristo Gesù viene oggi tentato attraverso una parola di stoltezza e di empietà. è il peccato di chi lotta lo Spirito di sapienza e di rivelazione, dopo aver constatato la fondatezza e la verità della parola ascoltata. Cristo non si lascia prendere in fallo, manifesta la falsità e l'ipocrisia dei suoi tentatori, ribadisce le esigenze di Dio e li invita a pagare a Dio quel tributo che essi gli negavano in nome di una religiosità falsa e di una politica impastata di compromesso e di grande opportunismo: “date a Cesare ciò che è di Cesare e a Dio ciò che è di Dio”. Ad ognuno ciò che è suo. Non si potrà dare a Dio quel che è di Cesare, né a Cesare quel che è di Dio. L'ipocrita invece toglie Dio dal suo trono, mette se stesso, e per rendersi credibile lascia intatto e inalterato l'apparato esterno del culto, dell'insegnamento, della legge, della tradizione scritta ed orale. Il peccato dell'ipocrita si riveste infatti di elementi sacrali, di convenienze ed opportunità religiose, senza culto vero ed autentico con una parola privata della sua forza interiore. Per il Signore Gesù, Dio e l'uomo, nè l'uomo senza Dio, né Dio senza l'uomo, ma Dio nell'uomo e l'uomo in Dio. Per il fariseo invece nè Dio e nè l'uomo, ma la pura e semplice convenienza, fatta di apparente filantropia e di vuota religiosità. Il cristiano, tutt’altro, sa cos'è di Cesare e sa cos'è di Dio, soprattutto, sa che è di Dio la lettura del cuore e che nessuno potrà prendere in fallo Gesù Cristo o il suo inviato, se inviato da Lui per insegnare secondo verità la via di Dio. L'uomo non vede oltre la pelle ed il suono della voce. Dio penetra la pelle e va al profondo del cuore. Egli conosce il significato delle parole ancor prima che esse siano pronunziate.