Il Regno di Dio costituisce il tema centrale della predicazione di Gesù, lo dimostrano in modo particolare le sue parabole. Con la parabola del seminatore (Mt 13,3-8), che abbiamo ascoltato due domeniche fa, Gesù proclama che il Regno di Dio è già operante nella sua predicazione, e al tempo stesso orienta a guardare all’abbondanza dei frutti che costituiranno la ricchezza sovrabbondante del Regno alla fine del tempo. Mentre, con la parabola della zizzania, in mezzo al grano (Mt 13,24-30) – ascoltata nel vangelo di domenica scorsa - e quella della rete da pesca (Mt 13,47-52) – contenuta nel vangelo di questa diciassettesima domenica del tempo ordinario – Gesù prospetta anzitutto la presenza della salvezza di Dio che è già operante. Ma insieme ai “figli del Regno” sono anche presenti i “figli del Maligno”, gli operatori di iniquità: solo al termine della storia le potenze del male saranno distrutte e chi ha accolto il Regno sarà sempre con il Signore. Infine, le parabole del tesoro nascosto e della perla preziosa (Mt 13,44-46) – anch’esse contenute nel Vangelo di questa domenica - esprimono il valore supremo e assoluto del Regno di Dio: chi lo comprende è disposto ad affrontare ogni sacrificio e rinuncia per entrarvi. Le condizioni che Gesù indica per entrare nel suo Regno possono riassumersi nella parola “conversione”. Mediante la conversione l’uomo si apre al dono di Dio, che “chiama al suo Regno e alla sua gloria” (1Ts 2,12). La “magna charta” del Regno dei cieli sono le Beatitudini proclamate da Gesù stesso (Mt 5,3-12). Le Beatitudini non indicano soltanto le esigenze del Regno; manifestano prima di tutto l’opera che Dio compie nei suoi credenti rendendoli simili al Figlio suo (Rm 8,29), come lascia intendere la seconda lettura di questa domenica. In essa, San Paolo manifesta il grande amore di Dio che da sempre ha chiamato l'uomo alla giustificazione, alla salvezza, alla gloria. E tuttavia l'uomo a volte rifiuta la chiamata. Non vuole credere; preferisce vivere secondo i desideri della carne. Quanti vivono secondo la carne non possono ereditare il Regno. è l'insegnamento della diversità della vita dopo la morte. è quanto viene insegnato anche con la parabola della rete tirata a riva: i pesci buoni saranno messi nelle ceste, i cattivi saranno gettati nella fornace ardente. Per avere la vita eterna ed il Regno dei cieli occorre fare tutto ciò che viene richiesto. Per il Regno l'uomo dà tutto, come ci viene insegnato con la parabola del tesoro nascosto e della perla preziosa: per possederlo si vende quanto si possiede. La vita dell'uomo sulla terra, dunque, prepara la vita oltre la morte per la sua risurrezione di gloria o di condanna eterna. è questa la nostra fede. è la fede della Chiesa. è fede l'eternità del paradiso. è fede l'eternità dell'inferno. è Parola di Dio. è l'insegnamento del Vangelo di nostro Signore Gesù Cristo. La morte non è la fine di tutto. La morte è l'inizio della vita eterna. Essa è il passaggio obbligato verso l'altra vita. L'altra vita è dono di Dio, ma è frutto e maturazione della vita su questa terra. L'uomo si deve convertire a questa parola di verità: larga e spaziosa è la via che conduce alla perdizione eterna, alla fornace ardente, allo stagno di fuoco. Di aiuto è la preghiera rivolta a Dio per ottenere la saggezza e il discernimento per distinguere il bene dal male: il bene per compierlo, il male per evitarlo. In questo ci è di esempio il re Salomone di cui ci parla prima lettura. Salomone prega, chiede a Dio che possa distinguere il bene dal male. Il bene per piacere a Dio e per essere giusto verso il suo popolo. Il male per non dispiacere a Dio e per non essere ingiusto verso i suoi sudditi. Dalla giustizia la vita eterna. Dall'ingiustizia la condanna eterna. La preghiera di Salomone deve essere preghiera di ogni uomo, indipendentemente dalla sua responsabilità, ma soprattutto quando si hanno responsabilità verso altri uomini il discernimento del bene e del male è missione profetica, perché missione di governo, di annunzio, di giustizia, di salvezza e di redenzione. L'uomo di Dio prega. Prega perché attraverso una sua decisione mai nasca il male e l'ingiustizia, mai sorga disuguaglianza o disparità. Tuttavia, la vicenda del re Salomone ci da la possibilità di ribadire un’altra verità: la conoscenza della volontà di Dio per gli altri non è salvezza per se, se non si entra nella conoscenza e nel compimento della volontà di Dio per se. Il saggio Salomone in questo peccò: dimenticò i suoi obblighi verso Dio al quale doveva prestare il culto dell'adorazione e dell'obbedienza; tentato, si prostrò a dèi stranieri e questo suo peccato tanto danno causò al suo regno. Il regno non si riebbe più: con lui raggiunse l'apice, ma anche l'inizio del declino. Tutto questo ci deve insegnare che dobbiamo conoscere ciò che il Signore vuole per gli altri, ma anche ciò che vuole per noi e obbedirGli con cuore retto, sincero, intelligente e sapiente.
Spiritualità
Riflessione sulla liturgia della 17° Domenica del tempo ordinario
Paolo Emanuele · 10 anni fa