Nel libro XI delle Confessioni Sant'Agostino esprime il problema che si pone quando ci domandiamo che cosa mai sia il tempo: «Cos’è dunque il tempo? Se nessuno me lo chiede, lo so; se voglio spiegarlo a chi me lo chiede, non lo so». La risposta eloquente donata dal Santo d'Ippona può essere tradotta nel nostro linguaggio popolare ovvero : tanto il tempo ci sembra poco e vicino, tanto esso sembra destinato a sfuggirci. Chi non si è mai lamentato di non avere del tempo utile a fare un qualcosa di utile? Comunque, premettendo le interrogazioni e le questioni poste in maniera più alta e ricercata dagli antichi e dai moderni pensatori, possiamo riflettere su alcuni punti chiave che indaghino sulla concezione di tempo e che ci permetteranno di distinguere lo stesso dalla concezione di eternità. Senza dubbio possiamo affermare che il concetto di “ tempo” si riferisce al nostro mondo, quello sensibile, quello temporale; mentre il concetto di aeternitas si riferisce al mondo vero, quello in cui si trova il Creatore, “ Colui che è”, l'essente per eccellenza. Orbene, le questioni approdano su scenari veramente interessanti che non possono non porci delle lecite domande: ma se Dio ha una storia come fa a non vivere nel tempo? Se lui ha “creato” in un preciso momento storico, come fa a non risentire della temporalità? E se è eterno, perché ha creato questo mondo? La quaestio sembra veramente di difficile risoluzione nonostante ciò se ci fermassimo alle domande non potremmo noi assaporare un qualcosa che ci appartiene; ebbene sì Dio ha donato l'eternità a l'uomo a condizione che essa venga acquisita nella temporalità. Sembra un controsenso ma in realtà non lo è. In merito non possono che risuonarci familiari le seguenti parole, impregnate di un immenso valore pedagogico: “Vegliate: non sapete quando il padrone di casa ritornerà!”. Lo scenario intellettuale è ricco di argomentazioni pro e contro il così detto “tempo a forma spirale” ovvero che il suo inizio non coincide con la fine bensì coincide con il Principio. Le situazioni sono diverse ma nella contemplazione dell'Uno, secondo la nostra concezione cristiana, è finalizzato il nostro pellegrinaggio terreno. Un altro celeberrimo personaggio, che contribuì senza dubbio alla riflessione in materia oltre che ad inserire nella storia della letteratura italiana una sorta di “ pietra angolare” è senza dubbio Francesco Petrarca. Intorno al 1356, l'autore sepolto in Arquà, iniziò la composizione dei Triumphi. Il testo è diviso in sei capitoli, ciascuno dedicato a un trionfo, e vuole rappresentare in chiave allegorica la vita umana, dalla lotta contro le passioni alla consapevolezza della fugacità delle cose terrene, alla finale vittoria dell'Eternità. Infatti come possiamo vedere si possono celebrare tutte le vittorie ottenute con le nostre sole forze e finalità ma alla fine prevarrà sempre l'aetarnitas, necessario fondamento su cui l'uomo è posto per realizzarsi. Per chiarire meglio il tutto i Triumphi elencati sono: Il Trionfo d'Amore, Il Trionfo della Pudicizia,Il Trionfo della Morte,Il Trionfo della Fama, Il Trionfo del Tempo, Il Trionfo dell'Eternità: qui si tratta del rifugio dell'uomo in Dio, trovando un mondo stabile ed eterno. Potremmo concludere affermando che « La vita, nella sua stessa realtà e verità, è il Padre, che attraverso il Figlio nello Spirito Santo riversa come fonte su tutti noi i suoi doni celesti. E per la sua bontà promette veramente anche a noi uomini i beni divini della vita eterna ». Tutto è stato creato per noi, tuttò è passato attraverso la “ sublimazione amorosa” di Dio padre verso i suoi figli anche se ogni qualvolta ci venisse in mente di riflettere sul tempo non ci resta che rammemorare il “ manifesto” agostiniano citato all'inizio della pagina.
Giovanni Gigliotti
Spiritualità
«Cos’è dunque il tempo? Se nessuno me lo chiede, lo so; se voglio spiegarlo a chi me lo chiede, non lo so»
Paolo Emanuele · 10 anni fa