“I santi non sono superuomini; sono uomini che hanno dato la loro vita al Signore”. Queste sono solo alcune delle parole, con le quali S.E. Mons. Luigi A. Cantafora, ha esortato i devoti del Santo Patrono della Calabria, il 2 giugno, nella Santa Messa da Lui presieduta, a conclusione dei festeggiamenti in onore del Santo. A seguire il testo dell’omelia del Presule
«Si rallegrino il deserto e la terra arida, esulti e fiorisca la steppa … dite agli smarriti di cuore: coraggio, non temete!». Queste parole del profeta Isaia risuonano spesso in Avvento e la liturgia le applica anche alla vicenda del nostro santo Francesco di Paola. Egli infatti, come il suo predecessore, Francesco d’Assisi, si è così immedesimato nella vita e nelle scelte di Gesù, da operare moltissimi miracoli, segno della sua profonda unione con Dio. Veramente dove lui passava fioriva il deserto e la sua parola era sempre di incoraggiamento per tutti! San Francesco è considerato un grande taumaturgo: desiderava il bene, solo il bene per ogni persona. La sua capacità veniva da Dio. Si consumava nelle orazioni, nei digiuni, nelle privazioni, solo per amore di Dio e del prossimo. Per questo tutto ciò che faceva gli riusciva bene (cfr. Sal 1,3). Questo amore, questa carità, che è diventato il suo motto, lo ha spinto a compiere imprese inaudite. Ha fatto cose apparentemente semplici, come restituire la vita agli animali e allo stesso tempo ha compiuto atti di grande diplomazia per esempio con il re di Francia. Consigliava i dubbiosi e confortava coloro che erano afflitti. In tutto esercitava la carità. Nulla era inutile o superfluo per lui. La prima lettura del profeta Isaia, dunque, mentre annuncia i tempi messianici, ci porta a considerare anche Francesco di Paola come un uomo di Dio che ha vissuto donando speranza agli uomini del suo tempo.mIl profeta infatti parla di una speranza nuova, di una restaurazione dei tempi che avviene grazie all’avvento del Signore. Quando il Signore è presente nella vita, quando lo si lascia entrare nel cuore e nella nostra esistenza, quando gli lasciamo il posto che è il suo, tutto cambia. Per il profeta i tempi messianici sono caratterizzati da una novità straordinaria: gli zoppi camminano, i ciechi vedono, i sordi odono, i muti parlano… queste forme di riabilitazione (diciamo così), o meglio “di guarigione” avvengono come segno della restaurazione della creazione, come segno della bontà di tutto ciò che Dio ha creato. I tempi messianici sono tali perché la creazione e le creature ritornano – per così dire- allo stato originario, alla bellezza voluta da Dio, ma ancor di più, a quella bellezza che è frutto della redenzione operata da Gesù. è la creazione redenta dal sangue del Figlio di Dio che è bella e buona! Alcuni santi, tra cui il nostro San Francesco, sono stati così simili al Signore Gesù da incarnare nella loro esistenza questa bontà, questa bellezza. «Guardate a lui e sarete raggianti, non saranno confusi i vostri volti» dice il salmo 33 (34). Gli uomini e le donne di Dio sono coloro che orientano la loro esistenza verso il Signore Gesù. è orientando lo sguardo su di lui che noi traiamo forza, luce, discernimento. I santi non sono superuomini; sono uomini che hanno dato la loro vita al Signore, sono i semplici di cui ci ha parlato il Vangelo e per i quali il Signore gioisce. I santi sono uomini e donne che hanno lasciato fare al Signore, hanno permesso al Signore di agire. I miracoli, i segni, infatti vengono solo da Dio. è Lui che ci da la possibilità di operare nel suo nome perché venga il Regno di Dio e perché si realizzi il progetto di Dio per gli uomini: conoscere il Padre e la sua bontà. Carissimi, chiediamo a San Francesco, che tanto amiamo, di concederci per sua intercessione di essere sempre più discepoli di Gesù, di non temere di essere testimoni di una vita cristiana bella, coraggiosa, audace nel bene. Lo dicevamo poco prima, i santi non sono superuomini, non sono eroi. Allo stesso modo, Dio non ci chiede di diventare eroi. Ci invita a essere suoi veri figli, con umiltà e profonda carità. San Francesco è uno straordinario Maestro di carità. Anche perché ci insegna, in maniera unica, l’attenzione e la vicinanza agli ultimi. Gli ultimi, carissimi fratelli miei, si sentono oggi più che mai abbandonati, sono senza voce, senza sostegno: non sanno a chi rivolgersi, dove bussare, come implorare, in che maniera vivere. La comunità cristiana è chiamata ad essere luogo di carità a dilatare gli spazi delle opere di carità, altrimenti il dramma degli ultimi assumerebbe proporzioni gigantesche. Lamezia deve riscoprire – a livello pubblico, politico e delle dinamiche sociali –la vicinanza agli ultimi come impegno primario. Se si vuole la crescita dell’intera città, il luogo dai cui partire è obbligatoriamente il bisogno degli ultimi. E tra gli ultimi, ci sono i nostri stessi giovani, primi nei sogni e negli ideali, ma spesso ultimi nelle possibilità concrete. Preghiamo per la nostra città. San Francesco era un eremita eppure ha saputo stare alla corte del re di Francia; era un uomo di preghiera ma si interessava delle vicende di tutti gli uomini. Chiediamo a lui che possano sorgere uomini e donne che si mettano a servizio del bene comune, del bene della città. La grande lezione che San Francesco dà a tutti è quella di impegnarsi per un protagonismo che impegna l’uomo a rispondere ai problemi, sempre e dovunque, per quello che può, senza aspettare i grandi consensi; senza aspettarsi plausi ed onorificenze. Anche per questo è maestro di carità benigna e silenziosa. Preghiamo per questo e impegniamoci tutti nella ricerca del bene comune, abbandonando divisioni e interessi particolari, e far trionfare la carità sul bisogno, per vincere la violenza con la pace, per creare così una città a misura d’uomo. Solo in questo modo la politica è può diventare l’espressione più alta della carità. Gli ultimi non saranno semplicemente uno slogan più o meno accattivante, ma l’impegno vero di ogni cittadino e di ogni cristiano. Ringraziamo infine il Signore anche per la presenza dei frati minimi qui a Sambiase, per la loro fedeltà al carisma e per il dono che offrono alla nostra chiesa diocesana. Sosteniamoli con la nostra preghiera e con gratitudine perché possano continuare a servire il Signore nella nostra chiesa. Amen