è iniziato con una pro-cessione tra le vie di Lamezia Terme, il mese mariano. Una preghiera raccolta e familiare, come una semplice Ave Maria sulle labbra, ha accompagnato l’immagine della Madonna della Quercia, dalla Chiesa del Rosario alla Cattedrale. “Sei mia madre che pietosa mi accogli, sei una sposa che a sé mi rapisce. Non vedo anch’io che te. In te io vivo; vivo di te come un figlio che si nutre al tuo seno. Mi nutre, o Vergine, la tua luce, la tua pura bellezza. Nulla ho da chiederti: mi basta che rimanga per me la tua visione”.
Questi versi di don Divo Barsotti, poeta e scrittore mistico, si avvicinano ai sentimenti di un credente, quando incontra e prega un’immagine cara della Vergine. Così, sotto gli occhi di una madre, tenera e dolce, ognuno si scopre figlio con un bisogno di madre che dà tenerezza e dolcezza. E ogni volta che guadiamo Lei, si torna a credere alla forza rivoluzionaria della tenerezza, come dice Papa Francesco. Forse sarà questa tenerezza che fa sbocciare dal cuore la preghiera, come un fiore in mezzo alle pietre.Anche se ha ragione don Divo, perché, pregando la Madonna, viene da dire “Non ho nulla da chiederti”. Infatti, una madre non ha bisogno di richieste, già intuisce. Poi, le parole dei figli non servono per una madre, perché gli occhi parlano già. Così come sono inutili spiegazioni o scuse, una madre sa capire prima di tutto. In questo mese, se si entra in Cattedrale, si scorge tra la penombra delle volte e della cupola, l’immagine della Madonna, ma più che aumentare le richieste, fissiamo lo sguardo su quel volto. è un gesto ingenuo, un segno di maternità ispirato e concesso da quel bambino portato in braccio. In quell’istante tante cose si vorrebbero dire, eppure l’unica cosa che siam certi di poter fare è offrire uno sguardo. Non è una cosa da poco. Il Vangelo è pieno di sguardi forti e dolci. Del resto lo sguardo di Cristo ha segnato la vita di Pietro, Giovanni, Zaccheo. Ogni uomo va in giro cercando uno sguardo senza misura, senza pregiudizi, uno sguardo infinito, ma profondamente umano, anche se sembra impossibile ritrovarlo mentre si è qui. Possiamo conoscere gente grande e famosa, anche cristiani santi e grandi, ma uno sguardo oltre ogni limite, è difficile trovarlo. “Eppure lo sguardo di Cristo rimane uno sguardo umano, ed è lo sguardo di Cristo che dà forma a uno sguardo umano” (cfr. L. Giussani, Un caffè in compagnia, Rizzoli, Milano 2004, pp. 63-64). Questo vuol dire che se Cristo è risorto, allora anche il suo sguardo rimane e ogni uomo e ogni donna, può essere afferrato da quello stesso sguardo. Uno sguardo che non è un ricordo o un racconto di qualcuno, ma un’esperienza vera. Ma per guardare così c’è bisogno che Lui sia vivo non come una legge, un sistema o un ricordo, ma come una presenza che attiri lo sguardo di ognuno. Quando si accoglie questo sguardo, tutto incomincia a essere diverso, perché un tremito comincia a cambiare la vita. Entrando in cattedrale, togliamoci il copricapo dei nostri pensieri e gli occhiali scuri di tutti i giorni. Incontreremo il volto di una Madre che attende, senza sapere perché o quant’altro di noi. Allora ci scopriremo come il pellegrino brasiliano che cantava alla sua Madonna: “mi hanno detto di venire qui, per chiedere, con pellegrinaggio e preghiera, pace nelle disavventure, poiché non so pregare, volevo solo mostrare il mio sguardo, il mio sguardo, il mio sguardo”.