“La fede è entrare nella storia con gli occhi stessi di Dio e la resurrezione regala ad ognuno di noi lo sguardo di Dio”. Questo uno dei passaggi dell’omelia del Vescovo, monsignor Serafino Parisi, durante la Veglia di Pasqua in Cattedrale.
“Quando noi operiamo dentro i contesti umani – ha aggiunto il Pastore della Chiesa lametina -, all’interno dei contesti sociali, dobbiamo essere coloro che, attraversando quella storia, attraversando l’umanità, sanno dire una parola di speranza. Cioè, operare la speranza, curare l’umanità, ridare il volto bello alla storia e fare dei tanti sepolcri della storia tanti luoghi vuoti dove si può sperimentare che la vita vince sempre. E, allora, l’augurio che faccio a me e faccio ad ognuno di voi è che con la forza del Crocifisso risorto, dentro la nostra esistenza, ma anche nella società, nell’umanità, nei vari contesti della storia, con il nostro servizio – perché noi siamo servitori della storia – la vita possa trionfare sempre”.
“Pensiamo agli attraversamenti che dobbiamo fare nella nostra vita – ha detto ancora monsignor Parisi facendo riferimento alle letture -. La Pasqua significa attraversamento, passaggio. Che cosa siamo chiamati a superare nella nostra vita? Le condizioni che ci piombano addosso di sofferenza, di malattie, di lutto: questi sono gli attraversamenti da compiere. E, allora, gli ebrei che stavano uscendo, stavano conquistando la libertà, anziché guardare avanti guardano indietro. Invece, il Signore, tramite Mosè, li fa guardare oltre il deserto. Passato il deserto, c’è un altro attraversamento da compiere: è il passaggio del mare. Gli israeliti si vedevano perduti. E, invece, il Signore dice di guardare oltre il mare, al di là di quello che oggi sembra un ostacolo, perché il Signore, che conosce la storia e la conosce dall’inizio alla fine perché è eterno, ci dice di buttarci dall’altra parte, di andare dall’altra parte del mare. Quindi, cavalli e cavalieri dell’esercito egiziano resteranno lì nel mare e, invece, Israele andrà dall’altra parte sul far del mattino. È anche lì un gioco simbolico di luce: erano nella notte e da quella notte si spostano verso la luce del mattino”.
“Noi – ha concluso il Vescovo – siamo pensati da Dio per essere da Lui sorretti, guidati. Certo, però, il cammino lo dobbiamo compiere noi con le nostre gambe. Ed ecco che arriviamo al mattino della Pasqua: tutti vanno verso la tomba e c’erano tanti ostacoli da superare. Uno era costituito dalla pietra che era stata messa davanti al Sepolcro. Ma, l’ostacolo più grande di tutti, anche per noi, anche oggi, è la tomba. Pensare, cioè, di andare verso una tomba per trovare dentro quella tomba, rimosso l’ostacolo della pietra, un cadavere. E, invece, anche lì, il Signore ci dice di guardare oltre perché quel cadavere che era stato messo dentro quella tomba non c’era più, era risorto: è tornato in vita. È questa la Pasqua: il Signore entra, allora, dentro la nostra esistenza e, mantenendo quel principio che vale fin dal momento della creazione, perché è un principio fondato sull’amore di Dio, mantenendo quella promessa, il Signore dice che è possibile risorgere da ogni nostra morte. È possibile andare al di là del mare, al di là del deserto, al di là della stessa tomba. Il Crocifisso risorto mette dentro la nostra vita questo sguardo rinnovato”.
Saveria Maria Gigliotti