“Si vorrebbe essere un balsamo per molte ferite…”. Con questo desiderio conclude il suo diario Etty Hillesum nel 1942. Lo scorso 11 novembre 2024 è stata celebrata la giornata delle cure palliative ed al Senato della Repubblica ben due commissioni (Giustizia e Affari sociali) stanno discutendo di disposizioni in materia di morte volontaria medicalmente assistita.
Il dolore, quanto la morte, è una delle paure più naturali del mondo.
L’articolo 11 della Carta Europea dei Diritti del Malato (2002), afferma: “Ogni individuo ha il diritto di evitare quanta più sofferenza possibile, in ogni fase della sua malattia.”
Quando siamo bambini basta un soffio o un tocco del genitore o della persona che amiamo. Da adulti tutto questo, certamente, diventa più complicato. Forse impossibile. Ciononostante il dolore ci interroga sempre. Ci tocca. Dinanzi a una persona dolorante dovremmo stare in silenzio e invece… iniziamo ad affermare e domandare: vuoi una pillola, ne ho una! Con l’amico, con una persona affetta da un dolore lieve ed estemporaneo, questa offerta può portare anche un sorriso e gratitudine. In alcuni casi invece ci ritroviamo ad avere a che fare con una barriera silenziosa. Una barriera a più livelli. Il dolore è nemico silenzioso. Visibile ma silenzioso. Il sofferente spesso non comunica, vuoi per pudore o per rabbia. La persona che è accanto a chi soffre è silenziosa. È stanca e arrabbiata. Chi lavora al servizio del sofferente è silenzioso. Svolge il suo compito con professionalità, magari tende anche una mano ma poi, terminata la terapia… non riesce a terminare la terapia. Torna a casa carico di dolore. Il dolore accomuna. Il silenzio accomuna. Quello che a mio avviso però accomuna di più è l’urlo del sofferente. Un urlo silenzioso. Un urlo simile a quello di Cristo in croce. Un urlo che può essere ascoltato solo con il cuore. Ma il cuore di chi ha a che fare con quel dolore che sembra non aver mai fine, ha alterazioni del ritmo, è inquieto. Non trova pace. E, allora, … vorrebbe smettere di battere. Il dolore e la lotta al dolore per me hanno volti e nomi. Hanno occhi. Hanno mani.
Cari amici che state affrontando su vari livelli il dolore, non smettete di lottare. Cari sofferenti e curanti, grazie per la vostra testimonianza. Cari tutti, perdonatemi se in alcuni casi non sono riuscito ad offrirvi il pallio, me stesso.
don Francesco Farina,
direttore Ufficio Pastorale della Salute