“La solennità dell’Ascensione, Dio che è “sceso” e si è fatto uomo e poi “sale” conducendo l’umanità presso Dio, ci dice questo: siamo chiamati a passare da una fede “incantata” a una fede “incarnata”, una fede che abbassando gli occhi sulla terra riesce ad attraversare questa nostra storia con la stessa speranza che Gesù ha seminato nei nostri cuori”. Così il vescovo di Lamezia Terme monsignor Serafino Parisi che, nel giorno della solennità dell’Ascensione, ha presieduto la celebrazione eucaristica nella comunità parrocchiale di S. Maria Maggiore, alla vigilia della festa di S. Rita da Cascia, patrona della comunità.
Meditando sul mistero dell’Ascensione del Signore, per il vescovo Parisi esso rappresenta “il compimento del dinamismo che Dio ha voluto operare insieme all’umanità. È Dio che prende l’iniziativa, è Lui che si muove verso di noi. Il Signore si fa carico del dramma di un’umanità che immagina di potersi sostituire a Dio o di fare a meno di Lui. Il Signore non abbandona un’umanità che decide di incastrare sé stessa in una spirale asfittica di schiavitù: Egli viene dentro la nostra storia, si fa carne. Lo fa per dirci che è possibile riprendere il cammino, è possibile riconquistare la nostra dimensione costitutiva originaria che non è di schiavi, ma di figlio di Dio. Dio, che in Gesù si fa uomo, ci dice che è possibile passare dalla schiavitù che ci deprime alla figliolanza che ci redime”.
“Dio non si stanca di noi, Dio non ci abbandona”, ha evidenziato più volte il presule sottolineando il senso della solennità dell’Ascensione “che è un grido di speranza: la speranza per cui tutto quello che noi siamo viene recuperato da Dio, il fine della storia dell’umanità è andare verso Dio. Attraversando tutta la strada della nostra umanità, senza tralasciare nulla eccetto il peccato, il Signore ha vissuto tutto, anche il dramma del tradimento, del rinnegamento, dell’abbandono e della morte. E allora: cosa dice questo “movimento” di Dio verso l’umanità? Che Dio non si stanca di noi, che Dio è ancora convinto dell’opera “molto buona” che aveva fatto, dà a noi sempre la possibilità di recuperare la nostra relazione di figli con il Padre. Gesù non sale per abbandonarci, ma per essere costantemente presente, per essere sempre in mezzo a noi. A noi è lasciato il compito di essere testimoni delle opere del Signore, testimoni dell’amore di Dio”.
Dall’Ascensione del Signore, dunque, discende il compito dei discepoli di ieri e di oggi “quei discepoli che erano rimasti quasi “incantati” a guardare verso l’alto, ma poi vengono riportati alla realtà da due uomini vestiti di bianco: “Uomini di Galilea, perché state a guardare il Cielo?”. Il Signore ritornerà. Noi credenti viviamo in una prospettiva di attesa: noi siamo in attesa del ritorno del Signore e, nel frattempo, dobbiamo andare verso tutti i popoli per dire a tutti che il desiderio di Dio per noi è quello di vederci tutti redenti, tutti salvati, tutti santi”.
“Guardare verso l’Alto, chiedere a Dio di intervenire nella nostra vita – ha concluso il vescovo Parisi – significa riconoscere che abbiamo bisogno di Dio, che non possiamo fare tutto da soli. Ma questo non significa demandare a Dio i nostri compiti: questa non sarebbe fede, ma magia, superstizione. Quando guardiamo verso l’Alto, dobbiamo sapere che il Signore ci ascolta dandoci la forza e il sostegno dello Spirito Santo perché ognuno di noi possa cambiare. E, una volta cambiati noi, possiamo stimolare il cambiamento negli altri e nella storia.”
A conclusione della celebrazione, il segretario vescovile don Marco Mastroianni ha letto il decreto con cui il Dicastero per il culto divino e la disciplina dei Sacramenti ha confermato l’elezione di Santa Rita da Cascia a celeste Patrona della Parrocchia Santa Maria Maggiore. Richiamando le parole del vescovo, don Leonardo Diaco, parroco di S. Maria Maggiore e vicario episcopale per la pastorale, ha indicato i santi come “punti di riferimento che ci indicano la vita da seguire” e ha sottolineato “l’impegno del vescovo sul fronte della formazione, in particolare negli incontri nelle scuole con i più giovani, per essere aiutati reciprocamente a individuare le scelte più opportune affinché la nostra umanità possa elevarsi a ciò che Cristo ci ha mostrato ed ha compiuto”.