“Si può essere cristiani atei, si può essere diaconi, preti, seminaristi, vescovi, papi atei. Cioè, senza aver preso sul serio l’impatto umano, esistenziale con Gesù Cristo. È come se, ad un certo punto, l’esperienza di Gesù venisse bypassata, l’ancoraggio alla sua testimonianza di vita venisse ignorata, messa da parte. È come se non centrasse nulla con le nostre scelte umane e cristiane. Ecco perché si può essere cristiani senza avere mai incontrato il Dio di Gesù Cristo”. Questo uno dei passaggi centrali dell’omelia di monsignor Serafino Parisi che ha presieduto una partecipatissima concelebrazione eucaristica in suffragio di Papa Benedetto XVI del quale ha ricordato, tra le altre cose, l’aspetto umano, “perché – ha sottolineato – non è vero che i tratti della nostra umanità non sono significativi per dire l’esigenza del Vangelo, la forza attrattiva della Parola di Dio e la capacità di mediazione, di interazione, di ingresso dentro la storia degli uomini. Questi tratti della nostra umanità sono tratti significativi, che noi abbiamo potuto vedere nella figura elegante, che è stata definita anche timida e nello stesso tempo efficace, di Benedetto XVI”.
Quindi, facendo riferimento alla Parola del giorno, monsignor Parisi, ha evidenziato che “questa è una grande parola che scava dentro la nostra vita e la nostra esistenza. Perché, ad un certo punto, saremo interrogati su questo: qual è il punto di partenza, ma anche il punto di appoggio della nostra vita? Qual è il senso del nostro essere qui – ha chiesto monsignor Parisi – ? Del nostro essere cristiani? Del nostro essere sacerdoti, diaconi, fedeli laici, vescovi se non è quello del servizio? Il servizio, altro che il potere! Il servizio: questa è la chiamata. Se vuoi andare a morire ammazzato sulla croce vai pure a morire ammazzato sulla croce, ma per il potere del servizio e non per il gusto del potere. Questa è la chiamata del Vangelo. Ed il Papa quella croce l’ha scalata tutta. Anche quando è stato criticato per le cose che non avrebbe fatto, per le omissioni. Sarà la storia, poi, a dirlo”. Papa Benedetto, anche se “non è questo il momento di fare una disamina di tutte le fasi della sua vita – ha aggiunto il Vescovo – , certamente, ha pagato la radicalità delle sue scelte. Anche quando gli hanno detto che sarebbe sceso dalla croce lasciando il ministero petrino, con tutto ciò che dietro, poi, è stato scritto, perché i dietrologi, gli avvelenati, ci sono sempre e ci sono dappertutto”.
Riflettendo ancora sulla liturgia della Parola del giorno, monsignor Parisi ha poi sottolineato che “la chiamata, quella di Andrea, di Simone, di Giacomo, di Giovanni esige che con la risposta affermativa vengano lasciati il padre, gli affetti, le reti, la barca: gli apostoli lasciano, cioè, la loro impresa per seguire Gesù Cristo il quale passando chiama ed attende una risposta radicale. Ma qual è la parola che è capace di generare la novità dentro la vita – ha chiesto subito dopo – ? Non sono le nostre parole che, per quanto belle possano essere, elaborate, cesellate, auliche o basse, rimangono sempre parole umane. La Parola capace di dare speranza all’umanità e di orientare l’uomo alla conversione, al cambiamento della mentalità al quale tutti siamo chiamati, è la parola del Vangelo, che è per tutti, non soltanto per alcuni. La tentazione da rifuggire è quella di leggere il Vangelo tirandoci fuori, dicendo: questo non mi tocca, è per tutti gli altri, per la ‘plebe’ e non per me. No, il Vangelo è per noi tutti. Noi siamo toccati da questa Parola che per essere vera, proprio perché è la parola della profezia, prima deve attraversare la nostra vita e soltanto dopo che ha attraversato la nostra vita, povera, fragile e limitata, arriva anche agli altri nella verità della proposta, nella peculiarità della richiesta, nella esclusività di quello che chiede”.
“Nelle letture di questa sera – ha affermato il Vescovo – vedo la figura di Papa Benedetto che si è lasciato guidare dalla Parola del Vangelo. In questi giorni ho rivisto il discorso dell’omelia fatta qui, a Lamezia, nel 2011. Esortava i lametini ed i calabresi a non cedere a quella che sembra essere la malattia storica di questa terra, li invitava a non essere passivi: Non rassegnatevi nel pessimismo ma cercate di essere i costruttori di una Calabria rinnovata, una terra di Santi, dove i Santi e la Madonna vengono celebrati con grandi feste”.
Da qui l’augurio ad “andare verso una gioia condivisa”, quella stessa gioia che “credo – ha concluso rivolgendosi ai numerosi sacerdoti e fedeli presenti nonostante il maltempo – sia stata lo spirito che ha guidato tutta l’esistenza di Benedetto XVI”.
Saveria Maria Gigliotti