“Il vescovo non è un superuomo, ma un uomo che è stato rimesso in piedi dall’amore di Dio e per questo può essere segno di speranza per il suo popolo. Caro don Serafino, sei chiamato a vivere il tuo ministero nella Chiesa di Lamezia come un ministero profetico di speranza e consolazione in un tempo di crisi. Sei chiamato a imitare la paternità e la maternità di un Dio che, come una madre, consola il suo popolo, come uno strumento attraverso il quale Dio rimette in piedi il suo popolo”. Così l’arcivescovo di Crotone – Santa Severina Angelo Raffaele Panzetta che ha presieduto la celebrazione eucaristica per l’ordinazione episcopale di monsignor Serafino Parisi, vescovo di Lamezia Terme.
Presenti oltre duecento fedeli dalla diocesi lametina, con la delegazione guidata dall’amministratore diocesano monsignor Giuseppe Angotti, numerosi sacerdoti, la rappresentanza della giunta comunale guidata dal sindaco Paolo Mascaro e il dirigente di Lamezia Europa Tullio Rispoli.
Nella piazza antistante la Concattedrale di S. Severina, insieme a una numerosa rappresentanza del clero dell’arcidiocesi di Crotone – S. Severina e della diocesi lametina, conconsacranti il vescovo di Nicosia Giuseppe Schillaci e l’arcivescovo di Catanzaro – Squillace Claudio Maniago, l’arcivescovo Panzetta, prendendo spunta dalla liturgia della Parola, ha sottolineato “la grandezza e la responsabilità del ministero che oggi viene conferito a don Serafino. Il ministero episcopale è un dono di Cristo che trasforma chi lo riceve in strumento vivo nelle mani di Gesù. Essere strumento vivo nelle mani di Cristo, strumento dell’amore viscerale di Cristo per la gente”.
Per l’arcivescovo di Crotone-Santa Severina, “come per il popolo d’Israele ritornato dall’esilio, anche quello che stiamo vivendo è un tempo in cui siamo chiamati a ricominciare daccapo, a ricostruire. C’eravamo illusi che bastasse tenere a freno la pandemia per ripartire. La parola del profeta Isaia ci ricorda che è Dio che interviene per liberare il suo popolo, per rimetterlo in piedi, e tu, don Serafino, dovrai essere un vescovo di esortazione e di consolazione, che aiuta questo popolo a rimettersi in piedi”.
Il ministero episcopale – ha proseguito monsignor Panzetta – “è un ministero cruciforme. Nella vita del vescovo, esiste il venerdì santo delle prove, della stanchezza, delle calunnie. Ma S. Paolo ci ricorda che queste non sono certificazione di sconfitta, ma segno dell’autenticità di un ministero che porta con sé la logica del seme che muore per portare frutto”. Mette in guardia, monsignor Panzetta, “dalla tentazione che serpeggia anche nelle nostre comunità di rifugiarsi nel passato. Il cristiano non vive con le spalle rivolte al futuro, ma con lo sguardo rivolto al futuro. Nella luce del mistero pasquale di Cristo, don Serafino, sei chiamato ad essere vescovo di una comunità che vive il presente nella direzione del futuro”
“Per mezzo dell’amore, siate schiavi gli uni degli altri. Nello stemma di don Serafino, c’è il sogno di Chiesa che lo Spirito Santo ha messo nel suo cuore – ha concluso l’arcivescovo Panzetta -. La vera libertà si compie nell’amore e il vero amore si compie nel servizio. Sono certo che nella Chiesa di Lamezia, una Chiesa bella e con tante risorse, questo sogno che lo Spirito Santo ha messo nel tuo cuore si trasformerà in concretezza e progettualità. Il più bel regalo che possiamo farti è la nostra promessa di preghiera. Grazie per quello che hai fatto nella nostra comunità e per la tua testimonianza. Ovunque andrai, la preghiera di questa Chiesa, di cui sei figlio, ti accompagnerà e sarà sempre un porto sicuro per te.”.
Salvatore D’Elia